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Le particelle più fini raggiungono gli alveoli, innescano un’infiammazione persistente e portano nel tempo a fibrosi polmonare.
La silice cristallina è classificata dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) come cancerogeno di gruppo 1, e il rischio è riconosciuto come malattia professionale tutelata dalla normativa italiana in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Che cos’è la silice cristallina: la ricerca sui meccanismo di tossicità e i settori professionali a rischio esposizione. Leggi di più.In Italia il riferimento è il D.Lgs. 81/2008 (Titolo IX – Agenti cancerogeni e mutageni), che impone un approccio gerarchico alla prevenzione (eliminazione/sostituzione, misure tecniche, organizzativo-procedurali e, solo in ultima istanza, dispositivi di protezione individuale (DPI)).
Quadro normativo e limiti di esposizione
Con il D.Lgs. 44/2020 (recepimento della Direttiva UE – Unione europea 2017/2398) l’Italia ha introdotto un valore limite di esposizione professionale (VLEP) per la silice cristallina respirabile pari a 0,1 mg/m3 come media ponderata su 8 ore (TWA).
Questo valore guida la valutazione del rischio, la pianificazione del monitoraggio e la scelta delle misure di prevenzione.
Restano possibili obiettivi interni più cautelativi (es. 0,05 mg/m3) come target gestionale di miglioramento continuo.
Il Titolo IX, Capo II (artt. 235 e seguenti) disciplina in particolare: valutazione del rischio, sostituzione/limitazione dell’agente, misure tecniche e procedurali, informazione/formazione specifica, registro degli esposti e conservazione delle cartelle sanitarie e di rischio per lungo periodo (tipicamente 40 anni).
In presenza di esposizione a RCS, il datore di lavoro deve inoltre gestire gli adempimenti connessi ai registri di esposizione (es. sistemi informativi INAIL – Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro).
Settori e attività a maggior rischio
La silice cristallina respirabile è generata in numerosi processi di taglio, frantumazione, perforazione, sabbiatura o finitura di materiali contenenti quarzo.
I comparti tipicamente coinvolti includono:
- Costruzioni e demolizioni: carotaggi, taglio e molatura di calcestruzzo, laterizi e massetti.
- Estrazione e cave: perforazione, brillamento, frantumazione e vagliatura.
- Lapidei e pietre naturali: marmo e granito; rischio elevato anche con agglomerati di quarzo.
- Ceramica, vetro, cemento e refrattari: manipolazione di miscele e materie prime.
- Fonderie e sabbiatura: preparazione anime, disformatura e pulizia dei getti.
- Manutenzioni industriali: sabbiature, sabbiature a secco, carteggiature aggressive.
Meccanismo di danno e quadro clinico
Le particelle respirabili di silice attivano macrofagi e mediatori pro-fibrotici, favorendo la formazione di noduli fibrotici e la perdita progressiva di funzionalità respiratoria.
Le principali forme cliniche sono:
- cronica (anni di latenza)
- accelerata (esposizioni intense per 5–10 anni)
- acuta (esposizioni massicce in mesi).
Possibili complicanze: bronco-pneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), infezioni come
tubercolosi (TB), ipertensione polmonare e aumentato rischio di cancro del polmone.
Valutazione del rischio e monitoraggio
La valutazione deve integrare analisi delle mansioni e dei cicli, dati di processo ecampionamenti personali di polveri respirabili con quantificazione della frazione di silice cristallina respirabile.
I risultati, confrontati con il valore limite di esposizione professionale (0,1 mg/m3 TWA 8h), guidano priorità e investimenti correttivi.
Il monitoraggio va ripetuto al variare di impianti, materiali, turni o procedure, e deve confluire nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) e nei registri degli esposti quando previsti.
Prevenzione e protezione: gerarchia delle misure
- Eliminazione/sostituzione: preferire materiali o abrasivi a basso contenuto di silice; valutare processi alternativi.
- Ingegneria dei processi: lavorazioni a umido, aspirazione localizzata alla fonte (LEV, Local Exhaust Ventilation) con filtri adeguati, segregazione e chiusura dei cicli polverosi, automazione e tele-operazione.
- Procedure e organizzazione: pianificazione delle fasi critiche, permessi di lavoro, rotazione/micro-pause, pulizie con sistemi umidi o aspiratori classe H e filtri HEPA (High Efficiency Particulate Air) – vietato spazzare a secco o usare aria compressa – e manutenzione documentata.
- DPI delle vie respiratorie: almeno FFP3 (Filtering Face Piece 3) o respiratori a ventilazione assistita quando il rischio residuo lo richiede; obbligatori addestramento, verifica di tenuta (fit-check) e programma di sostituzione filtri.
Obblighi del datore di lavoro
Il datore di lavoro, ai sensi del Titolo IX, Capo II del D.Lgs. 81/2008 (artt. 235 e seguenti), deve:
valutare il rischio da RCS;
- ridurre l’esposizione alla fonte;
- mantenere impianti e LEV;
- definire procedure e piani di emergenza;
- fornire DPI idonei con addestramento;
informare e formare i lavoratori; - istituire e aggiornare i registri degli esposti quando dovuti e conservare la documentazione sanitaria per lungo periodo.
Nei cantieri vanno coordinati PSC (Piano di Sicurezza e Coordinamento), POS (Piano Operativo di Sicurezza) e DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenze).
Formazione, informazione e consapevolezza
In base agli artt. 36 e 37 del D.Lgs. 81/2008, i lavoratori devono ricevere informazione sui rischi specifici (caratteristiche della RCS, effetti sulla salute, segnali di allarme) e formazione/addestramento pratico su:
- uso e manutenzione dei sistemi di aspirazione,
- corrette tecniche di pulizia,
- procedure wet,
- scelta e impiego dei DPI,
- controllo di tenuta (fit-check) e gestione dei rifiuti polverosi.
La formazione va aggiornata periodicamente e tracciata.
Sorveglianza sanitaria e ruolo del medico competente
La patologia ha latenza lunga: il medico competente definisce un protocollo mirato con spirometria, radiografia del torace (classificazione ILO – Organizzazione Internazionale del Lavoro, e TC – tomografia computerizzata ad alta risoluzione (HRCT, High-Resolution Computed Tomography) se indicata), valutazione sintomatologica e anamnestica ed eventuale screening per TB.
In presenza di anomalie, può proporre l’allontanamento temporaneo/definitivo dall’esposizione e la ricollocazione.
Le cartelle sanitarie e di rischio devono essere conservate per decenni.
Tutele assicurative e riconoscimento INAIL
La silicosi rientra tra le malattie professionali tabellate dall’INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro).
Il lavoratore ha diritto a: indennizzo per danno biologico/economico, prestazioni sanitarie e – nei casi gravi – benefici previdenziali e progetti di reinserimento lavorativo.
La valutazione tiene conto della documentazione clinica, della storia espositiva certificata e della riduzione della capacità lavorativa; è possibile richiedere l’aggravamento in caso di peggioramento nel tempo.
Buone pratiche operative (checklist essenziale)
- Preferire lavorazioni a umido e utensili con aspirazione integrata; verificare il corretto funzionamento dei sistemi di aspirazione (LEV).
- Programmare manutenzione e sostituzione filtri con registrazioni firmate.
- Vietare aria compressa e spazzatura a secco; usare aspiratori classe H con filtri HEPA (High Efficiency Particulate Air) o metodi umidi.
- Separare aree polverose, gestire percorsi pulito/sporco e spogliatoi a doppio armadietto.
- Assicurare controllo di tenuta (fit-check) iniziale e periodico per i respiratori; evitare barba nella zona di tenuta.
- Integrare nel DVR indicatori (es. % mansioni sotto/oltre VLEP) e piani di miglioramento con scadenze e responsabili.
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Crediti immagine: immagine creata da AI. Liberamente utilizzabile citandone la fonte.









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