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La Corte di Appello di Milano, nell’udienza del 24 giugno, ha confermato l’assoluzione di alcuni degli ex vertici e manager di Fiat, Alfa Romeo e Lancia per la presunta colpevole esposizione ad amianto e la morte di circa 15 ex dipendenti dell’Alfa di Arese per malattie asbesto correlate.
Deluse le parti civili fra cui Medicina Democratica, l’Associazione Italiana Esposti Amianto nonché il Comune di Arese (sede Alfa Romeo) e la Regione Lombardia che adesso confidano nel terzo grado di giudizio della Cassazione per ribaltare la sentenza.
La Procura aveva chiesto condanne fra i 5 e gli 8 anni per gli imputati dell’omicidio colposo dei lavoratori.
Già in primo grado, nel 2017, i manager a processo erano stati assolti “perché il fatto non sussiste” e “per non aver commesso il fatto”.
La sentenza della Corte di Appello di Milano sulle morti da amianto all’Alfa di Arese
Per i giudici della Corte di Appello di Milano dunque non sarebbe stato dimostrato se le esposizioni all’amianto nello stabilimento dell’Alfa di Arese (Milano), avvenute fra gli anni ’70 e i primi anni ’90, abbiano realmente causato, o comunque concorso a causare, le patologie dei lavoratori poi deceduti, neoplasie quali il tumore del polmone ed il mesotelioma pleurico.
Già nel processo di primo grado, finito con l’assoluzione degli imputati nel 2017, era emerso come molti dei capannoni dove avvenivano le attività lavorative e gli assemblaggi presentassero l’intera copertura in lastre di amianto (eternit).
L’amianto inoltre, secondo alcune testimonianze, lavorato senza adeguati dispositivi di protezione, sarebbe stato presente in alcune placche della componentistica dei motori nonché nelle guarnizioni a protezione di freni e frizioni.
Le motivazioni della decisione della Corte saranno depositate entro 90 giorni.
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Crediti immagine: foto di Davide Oliva, concessa con licenza CC BY-SA 2.0, da Wikimedia Commons. Modificata (ritagliata). Ridistrubuita con la stessa licenza.










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