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Il 13 maggio 2025 la sezione Lavoro del Tribunale di Vicenza ha imposto all’ente previdenziale nazionale di corrispondere un cospicuo risarcimento – in forma di rendita vitalizia e relativi arretrati – agli eredi di un ex dipendente di un importante stabilimento chimico nel Vicentino.
Mesotelioma professionale nella cantieristica navale: secondo l’VIII Rapporto del Registro Nazionale dei Mesoteliomi in questa categoria si contano ben 1.421 casi fra il 1993 ed il 2021 attribuibili a esposizione ad amianto.. Leggi di più.L’uomo, entrato in fabbrica a fine anni ’70 e rimasto impiegato fino ai primi anni ’90, è deceduto nel 2014 per carcinoma uroteliale della pelvi renale.
I giudici hanno stabilito con «elevato grado di probabilità» il nesso causale fra l’esposizione professionale a PFOA e PFOS (due composti per- e polifluoroalchilici, PFAS) e la patologia.
La causa era partita dopo il diniego iniziale della rendita da parte dell’ente assicurativo; il sindacato di categoria e un team legale specializzato in malattie professionali hanno raccolto testimonianze, perizie mediche e studi epidemiologici che hanno convinto il tribunale.
Per la prima volta in Italia (e, secondo gli esperti, nell’intero Occidente) un giudice riconosce i PFAS come concausa di un tumore sul lavoro.
Il primo riconoscimento del nesso causale fra PFAS e malattia
Nel 2023 un’indagine similare della Procura era stata archiviata perché il nesso tra PFAS e malattie degli operai non era ritenuto provato; la decisione del tribunale vicentino ribalta di fatto quel precedente.
- impatto giuridico: apre la strada a nuove azioni per omicidio colposo e a centinaia di ricorsi civili da parte di ex dipendenti di diversi siti chimici italiani.
- impatto scientifico: rafforza le conclusioni di studi regionali e dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, che classificano il PFOA come “cancerogeno certo” e il PFOS come cancerogeno “probabile”.
Il maxi-processo PFAS: oltre un secolo di carcere richiesto
La sentenza cade mentre, davanti alla Corte d’Assise di Vicenza, si celebra un maxi-processo per disastro ambientale, avvelenamento delle acque e bancarotta fraudolenta: sul banco degli imputati siedono quindici ex dirigenti dell’ex sito chimico vicentino.
Nel febbraio 2025 la pubblica accusa ha chiesto complessivamente più di 120 anni di reclusione, oltre alla confisca di diverse centinaia di migliaia di euro.
Il verdetto sul caso dell’operaio deceduto potrebbe influenzare le ultime arringhe e l’entità delle pene.
PFAS in Veneto: i numeri del disastro ambientale
Sarebbero circa 350 mila i cittadini delle province di Vicenza, Verona e Padova che vivono (o hanno vissuto) nella cosiddetta “zona rossa” contaminata.
Uno studio universitario veneto (2024) ha stimato quasi 4 mila morti in eccesso in 34 anni, correlabili all’esposizione cronica a PFAS.
L’area interessata supererebbe i 700 km² e coinvolge 80 comuni, configurando la più grave contaminazione da PFAS d’Europa.
Cronologia essenziale della presunta contaminazione da PFAS
- 1967-1990: produzione intensiva di PFAS nell’alta Valle dell’Agno
- 2013: l’agenzia regionale per l’ambiente scopre livelli record di PFAS nell’acquedotto; partono i controlli sanitari
- 2018: la società chimica dichiara fallimento; lo stabilimento chiude, ma la falda rimarrebbe contaminata
- 2021: apertura del maxi-processo penale
- 2025: sentenza del Tribunale del Lavoro (13 maggio)
Cosa cambia per lavoratori e residenti nella “zona rossa”
- tutela assicurativa: il pronunciamento crea un precedente che potrà essere utilizzato da altri ex dipendenti dello stabilimento vicentino e di altri poli chimici nazionali (ad esempio, il sito piemontese di Spinetta Marengo)
- rendite e danno differenziale: oltre all’indennizzo assicurativo, la famiglia potrà chiedere il danno biologico e morale ai responsabili civili, aprendo un nuovo filone di cause
- screening sanitari: la Regione Veneto ha già esteso i controlli ematici a oltre 160 mila cittadini; la sentenza spinge per programmi permanenti di sorveglianza oncologica.
Prossimi passi: bonifica, legge “Basta PFAS” e limiti UE
Bonifica del sito: il TAR Veneto (maggio 2024) ha confermato l’obbligo di messa in sicurezza e bonifica anche in capo agli ex proprietari stranieri del complesso industriale.
Decreto legge 13 marzo 2025: il Governo ha approvato nuove soglie per PFAS nell’acqua potabile e il primo limite nazionale per un PFAS emergente (TFA). Il testo è ora all’esame del Parlamento.
Direttiva europea: Bruxelles prepara un divieto quasi totale sui PFAS nei prodotti di largo consumo entro il 2030; l’Italia dovrà recepirlo, accelerando la transizione industriale.
Il verdetto vicentino è molto più di un semplice risarcimento: segna un cambio di paradigma nella lotta ai cosiddetti “inquinanti eterni” in Italia. Per la prima volta un tribunale collega direttamente PFAS e tumore professionale, offrendo giustizia a una famiglia e ponendo le basi per un ampliamento della responsabilità civile e penale.
Con il maxi-processo vicino alla sentenza e un nuovo decreto legge in Parlamento, il 2025 può diventare l’anno decisivo per la bonifica e per la normativa anti-PFAS in tutto il Paese, aprendo la strada a un futuro in cui la salute pubblica prevalga sui vantaggi di composti chimici ormai obsoleti.
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Crediti immagine: foto di deep Bhullar da Pexels. Modificata (ritagliata). Concessa con la stessa licenza.
















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