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Nel settore dell’industria metalmeccanica l’esposizione professionale all’amianto ha avuto un impatto drammatico sulla salute dei lavoratori.

I dati raccolti nell’VIII Rapporto ReNaM (Registro Nazionale dei Mesoteliomi, pubblicato da INAIL) evidenziano una forte correlazione tra l’attività in questo settore e l’insorgenza di malattie gravissime come il mesotelioma. È fondamentale che le vittime conoscano i propri diritti al risarcimento.
Le attività più coinvolte rientrano nelle seguenti categorie:
- fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici
- fabbricazione di macchine per ufficio e sistemi informatici
- fabbricazione di macchine ed apparecchi elettrici
- fabbricazione di apparecchi radioelettrici e per le comunicazioni
- fabbricazione di apparecchi medicali, strumenti ottici e orologi
Casi di mesotelioma: numeri allarmanti
Sono stati registrati 2.307 casi di mesotelioma (8,9% su un totale di 20.002 casi di mesotelioma di origine professionale registrati fra il 1993 ed il 2021) tra lavoratori dell’industria metalmeccanica con almeno un periodo di esposizione professionale all’amianto.
In 1.318 casi (57,1%), l’esposizione è avvenuta esclusivamente all’interno della categoria metalmeccanica.
Mansioni a Rischio
Le mansioni più frequentemente coinvolte includono:
- saldatori e tagliatori a fiamma
- installatori e riparatori di apparecchi elettromeccanici
- meccanici manutentori
- montatori di carpenteria metallica
- operatori di macchine utensili
Gli addetti spesso lavoravano a stretto contatto con materiali coibentati contenenti amianto: guarnizioni, tessuti isolanti, pannelli termo-isolanti, sistemi di frenaggio, e componenti elettrici.
Le attività di manutenzione esponevano ulteriormente i lavoratori, aggravando il rischio di inalazione di fibre d’amianto.
Le regioni più colpite
Le regioni con il maggior numero di casi sono:
- Lombardia: 753 casi (16%)
- Toscana: 249 casi (16,3%)
- Friuli-Venezia Giulia: 129 casi (12,3%)
Dati Epidemiologici
- Età di inizio esposizione: mediana 22 anni
- Età alla diagnosi: mediana 71 anni
- Latenza (tempo tra esposizione e diagnosi): mediana 47 anni
Questi dati evidenziano la lunga latenza della malattia, che spesso si manifesta decenni dopo la cessazione dell’esposizione.
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Crediti immagine di copertina: foto di Emre Ezer da Pexels. Modificata (ritagliata e ridimensionata). Immagine di repertorio. Concessa in uso con licenza originaria Pexels.
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