La Cassazione, con Ordinanza Sezione Lavoro n. 24956/2021, ha rigettato il ricorso presentato dal Ministero della Difesa avverso alla sentenza della Corte d’Appello di Genova n. 338 del 2016 che aveva confermato la condanna del Ministero a corrispondere ai superstiti di un dipendente (vedova e figlio), deceduto per mesotelioma pleurico ed equiparato a vittima del dovere, l’adeguamento dell’assegno mensile in misura pari a 500 euro, oltre perequazioni ex lege.
Il riconoscimento era infatti dovuto, per la Corte, ai sensi di quanto disposto dall’art. 2, comma 1 Legge n. 407 del 1998:
[…] ai superstiti delle vittime di azioni terroristiche é concesso, oltre alle elargizioni di cui alla citata legge n. 302 del 1990, un assegno vitalizio, non reversibile, di lire 500 mila mensili, soggetto alla perequazione automatica di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni.
Le motivazioni del ricorso contro l’adeguamento dell’assegno vitalizio mensile ai familiari superstiti della vittima del dovere
Il Ministero della Difesa era tuttavia ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Genova, adducendo due motivazioni:
- violazione e la falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 4, lettera b), n. 1 del d.p.r. n. 243 del 2006 e dell’art. 12, comma 1 delle preleggi.
[A decorrere dal 2006, alle vittime del dovere ed alle categorie a queste equiparate ovvero ai familiari superstiti è corrisposto un] assegno vitalizio, nella misura originaria prevista di 500 mila lire, pari ora a 258,23 euro, soggetta a perequazione annua, di cui all’articolo 2, commi 1, 1-bis, 2 e 4 (Regolamento concernente termini e modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere ed ai soggetti equiparati, ai fini della progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, a norma dell’articolo 1, comma 565, della legge 23 dicembre 2005, n. 266).
- violazione e la falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 1, commi 562, 563, 564 e 565, della legge n. 266 del 2005 e dell’art. 4, lettera b), nr. 1 del d.p.r. n. 243 del 2006.
562. Al fine della progressiva estensione dei benefìci già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo a tutte le vittime del dovere individuate ai sensi dei commi 563 e 564, è autorizzata la spesa annua nel limite massimo di 10 milioni di euro a decorrere dal 2006.
563. Per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui all’articolo 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subìto un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi: a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità; b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; d) in operazioni di soccorso; e) in attività di tutela della pubblica incolumità; f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità.
564. Sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563 coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative.
565. Con regolamento da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono disciplinati i termini e le modalità per la corresponsione delle provvidenze, entro il limite massimo di spesa stabilito al comma 562, ai soggetti di cui ai commi 563 e 564 ovvero ai familiari superstiti. (art. 1, commi 562, 563, 564 e 565, legge n. 266 del 2005).
Dunque, nel caso oggetto di giudizio, per il Ministero caso di specie non ci sarebbero i presupposti per il diritto all’adeguamento dell’assegno:
- per mancanza di copertura finanziaria;
- per la mancata attuazione della parificazione di trattamento di tutte le categorie delle vittime del dovere, in considerazione dei vincoli di stanziamento e della necessità di effettuare una scelta perequativa di attribuzione dei fondi disponibili.
Il parere della Cassazione
L’Ordinanza Sezione Lavoro n. 24956/2021 rigetta il ricorso e le motivazioni addotte dal Ministero della Difesa.
La sentenza n. 7761 delle Sezioni Unite del 27 marzo 2017, poi ribadita ribaditi dalla sentenza della Cassazione n. 19036 del 2019, ha precisato che l’ammontare dell’assegno vitalizio mensile in favore delle vittime del dovere e dei soggetti ad essi equiparati è uguale a quello dell’assegno dovuto alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
La legislazione primaria in materia infatti è improntata ad un simile intento perequativo, in conformità al principio di razionalità-equità di cui all’art. 3 della Costituzione.
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