La Corte d’Appello di Roma ha emesso una sentenza significativa in materia di malattie professionali, condannando una nota azienda di trasporti pubblici del Lazio al pagamento di un risarcimento di 500.000 euro in favore della famiglia di un operaio fumatore, deceduto a soli 37 anni a causa di un tumore al polmone (un adenocarcinoma polmonare) provocato dall’esposizione prolungata all’amianto durante l’attività lavorativa.
Il lavoratore, impiegato come elettromeccanico e manutentore di mezzi rotabili, aveva operato per diversi anni presso le officine della società nella zona di Centocelle, a Roma, dove sarebbe venuto sovente a contatto con componenti contenenti amianto.
Altre esposizioni ad amianto del lavoratore erano tuttavia avvenute anche precedentemente presso altre aziende dove aveva operato per oltre altri 10 anni.
Nel 1992 l’uomo si era ammalato di un adenocarcinoma polmonare, malattia che lo avrebbe portato alla morte solo due anni dopo.
La causa giudiziaria
La causa giudiziaria si è articolata in un lungo contenzioso, durato oltre tre decenni, durante il quale l’azienda ha tentato di sottrarsi alla responsabilità, sostenendo che il decesso fosse principalmente dovuto al consumo di sigarette del lavoratore, che era un fumatore abituale.
Tuttavia, con decisione definitiva, la sentenza ha adesso confermato che il tumore al polmone è stato causato da una concausa tra l’esposizione all’amianto e il fumo di sigarette, riconoscendo che entrambi i fattori hanno agito in sinergia, accelerando l’insorgenza della patologia.
Il principio di concausalità di amianto e fumo di sigaretta nell’insorgenza dell’adenocarcinoma polmonare
La sentenza è di particolare rilevanza in quanto ribadisce il principio di “concausalità” nel contesto delle malattie professionali: il datore di lavoro è ritenuto responsabile anche in presenza di fattori aggiuntivi, come le abitudini personali del lavoratore, se il rischio professionale ha contribuito in modo significativo alla malattia.
Nello specifico, la consulenza tecnica d’ufficio (CTU) ha dimostrato che la combinazione tra l’esposizione all’amianto e il fumo ha moltiplicato il rischio di sviluppare un tumore polmonare, rafforzando così il nesso causale tra la malattia e le condizioni lavorative.
Questo caso rappresenta un’importante conferma dell’obbligo del datore di lavoro di garantire un ambiente sicuro, anche in presenza di fattori di rischio personali del dipendente.
La normativa vigente in materia di salute e sicurezza sul lavoro impone al datore di adottare tutte le misure necessarie per evitare l’esposizione a sostanze pericolose come l’amianto.
Il mancato rispetto di tali obblighi determina una responsabilità diretta per il danno subito dal lavoratore, anche in situazioni in cui concorrono altri fattori esterni.
Il giudizio della Cassazione
Nel corso del procedimento, la famiglia del lavoratore ha visto respingere le proprie istanze sia in primo grado che in appello, poiché i tribunali inizialmente avevano ritenuto prevalente il ruolo del fumo di sigaretta nella genesi del tumore.
Solo in seguito all’intervento della Cassazione, che ha ordinato una nuova perizia, è stata riconosciuta la concausa dell’amianto, portando così alla condanna dell’azienda e al riconoscimento del risarcimento.
La sentenza stabilisce un precedente giuridico importante per futuri contenziosi riguardanti l’esposizione a sostanze nocive nei luoghi di lavoro.
In materia di tumori professionali, il principio della concausa consente di riconoscere la responsabilità del datore di lavoro anche quando altri fattori non professionali, come il fumo, contribuiscono all’insorgenza della malattia.
Questo criterio rappresenta un ulteriore strumento di tutela per i lavoratori, rafforzando il diritto ad ottenere un risarcimento adeguato in caso di malattia o decesso legati all’ambiente lavorativo.
Fonti e rassegna stampa
La notizia è stata diffusa da diversi portali di notizie online. Per un approfondimento si consiglia di leggere in particolare l’articolo della redazione di Web Lombardia del 5 settembre 2024 e quello della redazione di RomaToday del 6 settembre 2024.
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