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Si è svolta pochi giorni fa (il 30 luglio), a Brescia, l’udienza del processo che vede chiamati in causa il Ministero della Difesa e l’Aeronautica in merito alla morte di un ex maresciallo deceduto a causa di un tumore nel 2005.
Secondo i familiari del militare, sostenuti da una CTU (Consulenza Tecnica d’Ufficio) dello stesso tribunale bresciano, la malattia ed il conseguente decesso del maresciallo sarebbero correlati all’esposizione di quest’ultimo ad uranio impoverito.

L’uranio impoverito sarebbe stato presente nei proiettili utilizzati nel contesto di alcuni scenari di guerra cui l’uomo avrebbe partecipato durante le missioni all’estero.
Uranio impoverito e suo utilizzo nel contesto militare
L’uranio impoverito è stato utilizzato nei proiettili per aumentare l’efficacia di penetrazione esplosiva delle munizioni, scatenando di fatto, nell’impatto ad altissima velocità sulle superfici, piccole reazioni atomiche in grado di emettere particelle radioattive, seppur a basso potenziale, ma potenzialmente cancerogene.
La tossicità dell’uranio impoverito è comunque elevata per inalazione, ingestione e contatto, ed è in grado di provocare danni certi a breve termine. Più discussa invece la tossicità del materiale a lungo termine.
Le patologie più comuni correlate dalla letteratura scientifica all’esposizione ad uranio impoverito sono le patologie polmonari, renali, dello stomaco, del pancreas, dell’intestino nonché le leucemie ed il linfoma non-Hodgkin.
Il materiale sarebbe stato utilizzato nella guerra dei Balcani, in Bosnia-Erzegovina e Kosovo, nonché durante la guerra del Golfo, in Afghanistan ed in Iraq.
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Crediti immagine: foto di Foto di Defence-Imagery da Pixabay. Modificata (ritagliata e ridimensionata). Immagine di repertorio. Concessa in uso con licenza originaria.
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