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Mieloma multiplo e malattie ematiche: la Corte d’Appello di Firenze riconosce la malattia professionale per esposizione ad onde elettromagnetiche

Inail dovrà corrispondere gli arretrati d’indennizzo e la rendita ai superstiti agli eredi di tre ex dipendenti Enel deceduti per neoplasie emolinfopoietiche (un lavoratore di mieloma multiplo, gli altri due a causa di leucemia mieloide acuta).

È quanto stabilito dalla sentenza n. 290 emessa lo scorso 11 maggio 2021 dalla Corte d’Appello presso il Tribunale di Firenze che ha stabilito, per i tre casi, un nesso causale fra esposizione ad onde elettromagnetiche sul luogo di lavoro e i tumori che hanno colpito i lavoratori.

Gli operai avevano lavorato per diversi anni alle dipendenze di Enel con le mansioni di installatori e manutentori di impianti di telecomunicazione.

Sul luogo di lavoro erano stati esposti a campi elettromagnetici a bassa frequenza oppure a campi a radio frequenze.

L’iter giudiziario e la sentenza di primo grado del Tribunale di Lucca

I lavoratori e/o i loro familiari avevano chiamato in causa l’Inail davanti al Tribunale di Lucca dove la loro causa era stata unita in unico procedimento, al fine di ottenere il riconoscimento della malattia professionale in conseguenza del rigetto della domanda in via amministrativa.

Il Tribunale tuttavia, in primo grado, nel 2019, respingeva i ricorsi giudiziali, presentati dai familiari dei lavoratori.

La sentenza era motivata principalmente da tre CTU (Consulenze Tecniche d’Ufficio): ambientale, medica e legale.

La CTU ambientale, effettuata nel 2015, quanto al collegamento fra leucemie ed esposizioni a campi magnetici sia a bassa che ad alta frequenza, affermava che in letteratura “non si è giunti a valutazioni conclusive sull’accertata esistenza di un nesso causale” pur citando molti studi recenti che lo avrebbero confermato.

La CTU medica del 2017 d’altra parte, chiamata a verificare il nesso di causa fra esposizione dei lavoratori e patologie emolinfopoietiche insorte, lo confermava in termini di elevata probabilità.

Tuttavia la terza ed ultima CTU medico legale escludeva il nesso di causalità.

Da un lato essa ribadiva i risultati non coerenti e non conclusivi degli studi epidemiologici citati dalla CTU del 2015, dall’altro notava come le ricerche citate dalla CTU medica del 2017 avessero perlopiù carattere sperimentale (poiché testate solo su animali) e fossero pensate nell’ottica della prevenzione del danno eventuale.

Il ricorso in appello dei familiari dei lavoratori e la decisione della Corte

I familiari dei lavoratori deceduti hanno tuttavia presentato ricorso contro la decisione della sentenza di primo.

Il ricorso ha addotto motivazioni poi in gran parte accolte dalla Corte d’Appello di Firenze.

Le doglianze dei ricorrenti si concentravano in particolare sulla motivazione dell’opportunità e sulle carenze di merito della terza CTU.

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La Corte d’Appello di Firenze infatti, nel cassare la sentenza di primo grado e accogliere le istanze dei familiari delle vittime, rileva le mancanze di tale CTU poiché:

  • non considerava la questione decisiva che in uno dei lavoratori, l’unico sottoposto ad esame, era stata accertata la mutazione del gene JAK2. La mutazione è scientificamente correlata all’esposizione a campi elettromagnetici a bassa frequenza;
  • trascurava i criteri cronologici, nosologici e casistici del caso in esame. Si trattava di tre lavoratori con patologie assimilabili in un gruppo di lavoro ristretto nel quale, per di più, erano insorte altre patologie possibilmente correlate alle esposizioni. Inoltre era assimilabile il tempo di latenza dell’insorgere della malattia rispetto agli eventi lesivi;
  • citava studi specialistici aggiornati che avrebbero confermato il nesso causale, poi negandolo sulla base di un testo generalista di medicina del lavoro del 2006, certamente meno autorevole;
  • citava studi a sostegno del diniego di nesso causale che presentavano un conflitto d’interesse.  Gi studi erano infatti finanziati da soggetti interessati nella telefonia mobile e nel trasporto di energia elettrica.

L’esposizione a campi elettromagnetici nelle tabelle Inail

Per quanto concerne invece il carattere tabellato delle patologie di cui erano affetti i lavoratori, la Corte ha sottolineato come esso vada verificato rispetto alle tabelle vigenti nel periodo lavorato, ovvero in costanza dell’esposizione, e non alle tabelle vigenti alla denuncia di malattia professionale o alla decisione del giudizio.

Le esposizioni dei lavoratori, a tal proposito, sono state fatte risalire ad un lasso temporale che va dall’inizio degli anni ’70 fino al 2000.

Dunque il testo di riferimento sarebbe quello del Regolamento recante le nuove tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura (DPR n. 336 del 13 aprile 1994).

Le onde elettromagnetiche sarebbero poi invece state rimosse dalle tabelle con l’introduzione del Decreto Ministeriale 9 aprile 2008.

Il DPR n. 336 invece, nella tabella industria, alla voce 51, indicava le seguenti esposizioni come potenzialmente responsabili di neoplasie professionali:

  • malattie causate da: a) radiazioni ionizzanti; b) laser e onde elettromagnetiche con le loro conseguenze dirette;
  • lavorazioni che espongono alle radiazioni ionizzanti, ai raggi laser ed alle altre onde elettromagnetiche.

Le tabelle tuttavia non indicavano nello specifico le malattie correlate ai rischi, lasciando di fatto la definizione di un nesso positivo alla letteratura scientifica più aggiornata; nesso rilevato e confermato, d’altra parte, nel giudizio in questione, dalle prime due CTU.

Il giudizio sostanziale della Corte d’Appello sulla sentenza di primo grado

Infine la Corte, nel disporre una nuova perizia per la quantificazione del danno, che ribadisce avrebbe dovuto essere l’unico vero obiettivo della terza CTU, sottolinea come:

Dal punto di vista sostanziale […] il collegio dissente dal primo giudice sia nell’avere disposto la terza CTU sia nell’averne recepito le conclusioni negative come motivo di rigetto dei ricorsi.

Le prime due perizie, autorevoli quanto alla specializzazione del consulente, documentate ed aggiornate quanto alle argomentazioni, fornivano solidi argomenti per riconoscere le patologie dei lavoratori […].

Secondo il collegio, non si spiegava quindi né la decisione di disporne una terza che si pronunciasse di nuovo sul nesso causale, né la scelta di recepire le discutibili conclusioni a cui la stessa era poi giunta, escludendo ogni rapporto causale o concausale.

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Crediti immagine: foto di Freepenguin, concessa con licenza CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons. Modificata (ritagliata e ridimensionata). Concessa con la stessa licenza.

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