Il Tribunale di Taranto ha condannato il Ministero della Difesa al risarcimento di un danno non patrimoniale iure proprio di circa 500.000 €.
La sentenza, arrivata con ordinanza depositata il 20 luglio 2018, è a favore dei familiari di un elettricista deceduto di mesotelioma pleurico causato da esposizione professionale all’amianto sulle navi della Marina Militare.
Il Tribunale ha riconosciuto circa 165.000 € di risarcimento a ciascuno dei familiari, la coniuge ed i due figli. La quantificazione del danno agli eredi ha tenuto conto dei valori previsti nelle Tabelle del Tribunale di Milano, aggiornate al 2018.
I fatti ed il nesso causale fra esposizione professionale ad amianto a bordo delle navi della Marina Militare e il mesotelioma dell’elettricista erano già stati provati in una precedente sentenza dello stesso Tribunale (sentenza n. 3422 del 2016).
In tale procedimento i familiari avevano chiesto, ottenendolo, il risarcimento iure hereditatis.
La differenza fra danno non patrimoniale iure proprio e iure hereditatis
Con danno non patrimoniale iure proprio si intende il danno arrecato ai familiari della vittima principale della malattia professionale e che è quindi provocato ‘di riflesso’.
Con danno non patrimoniale iure hereditatis si intende il risarcimento del danno biologico temporaneo e permanente spettante ai congiunti. Il danno viene ‘maturato’ dall’ammalato nel periodo compreso fra l’insorgere della malattia ed il decesso.
La salute come diritto inalienabile sancito dalla Costituzione
Nelle motivazioni della sentenza il Tribunale, citando la Corte Suprema, ha ribadito come la salute sia un diritto costituzionale e che
il riconoscimento del diritto della famiglia, di cui all’art. 29 della Costituzione, va inteso non già come tutela delle estrinsecazioni della persona nell’ambito esclusivo di quel nucleo, ma nel più ampio senso di modalità di realizzazione della vita stessa dell’individuo alla stregua dei valori e dei sentimenti che il rapporto parentale ispira […].
Allorché un fatto lesivo abbia profondamente alterato quel complessivo assetto […] il danno non patrimoniale consistente nello sconvolgimento delle abitudini di vita in relazione all’esigenza di provvedere perennemente ai bisogni del familiare deve senz’altro trovare ristoro nell’ambito della tutela ulteriore apprestata dall’articolo 2059 c.c. in caso di lesione di un interesse costituzionalmente protetto […] (v. Cass. n. 8827/03).
La precedente sentenza del Tribunale di Taranto sul caso dell’elettricista sulle navi della Marina Militare
La sentenza di luglio arriva dopo che già nel 2016, con sentenza n. 3422, il Tribunale aveva accertato le responsabilità del Ministero della Difesa per le omesse tutele di sicurezza a salvaguardia del lavoratore.
Con quella sentenza il Tribunale aveva però solo riconosciuto il risarcimento iure hereditatis per coniuge e figli.
L’indennizzo è stato concesso in ragione della lesione del diritto alla salute e delle sofferenze patite dal lavoratore dal momento dell’insorgere del mesotelioma al decesso (il cosiddetto danno biologico e morale più il danno tanatologico o catastrofale).
Lo stesso Tribunale aveva infatti già provato, durante lo svolgersi del dibattimento, anche avvalendosi di Consulenze Tecniche di Ufficio, il nesso causale fra esposizione professionale all’amianto e l’insorgere della patologia che ha ucciso l’elettricista.
Conseguentemente era arrivata la condanna per il Ministero della Difesa, in considerazione della violazione dell’articolo 2087 del Codice Civile, secondo il quale
l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro;
Inammissibile per il Tribunale di Taranto, inoltre, la pretesa del Ministero che fosse già scaduto il termine di prescrizione del reato.
Infatti, per il danno alla salute (malattia professionale), il Tribunale ha ribadito che questo decorre non dalla cessazione della condotta illecita, ma dal manifestarsi della malattia solo dopo 10 anni.
La storia dell’elettricista deceduto di Mesotelioma Pleurico
Il lavoratore deceduto aveva lavorato presso l’Arsenale della Marina Militare di Taranto dal 1941 al 1982 con la qualifica di apparecchiatore elettronico specializzato.
Data la diffusa presenza dell’amianto sulle navi, prima della Legge 257 del 1992, quale materiale coibentante per gli apparati elettrici nonché per l’isolamento termico e acustico di tubature, paratie e cabine; il lavoratore era stato esposto lungamente a polveri di asbesto/amianto.
Questa esposizione, hanno dimostrato i Consulenti Tecnici d’Ufficio e il Tribunale, è avvenuta poiché il datore di lavoro omise o non fece rispettare l’utilizzo delle adeguate misure di sicurezza.
Sono stati così riconosciuti il nesso causale e un rapporto eziologico diretto fra fattore di rischio e malattia.
L’inalazione di polveri di amianto fu dunque la causa della malattia: un mesotelioma pleurico di tipo epitelioide, che condusse al decesso l’operaio specializzato nel 2010 solo dopo pochi mesi dalla diagnosi.
Importante poi la testimonianza di un collega di lavoro. Questi, durante il dibattimento, ha fatto luce sulla tipologia di mansioni cui l’operaio era addetto, a diretto contatto con l’amianto, e ha confermato la mancanza, almeno fino al 1995, di qualunque dispositivo di protezione per evitare l’inalazione delle fibre (maschere di protezione).
Il risarcimento danni da parte del datore di lavoro
Con la sentenza n. 3422/2016 il Tribunale di Taranto è entrato inoltre nel merito degli aspetti della risarcibilità del danno non patrimoniale iure proprio (biologico e morale) da parte del datore di lavoro.
In particolare, il Tribunale ha sottolineato come il datore di lavoro sia tenuto all’indennizzo del danno differenziale, “ossia della differenza tra l’indennizzo liquidato o liquidabile dall’INAIL e il pregiudizio civilistico risarcibile” (come stabilito dall’art. 10 del D.P.R. n. 1124 del 1965).
In questo modo il Tribunale ha di fatto escluso la regola dell’esonero parziale secondo la quale il datore di lavoro risponderebbe solo del danno non indennizzato o indennizzabile dall’Istituto Assicuratore. Con Decreto Legislativo n. 28 del febbraio del 2000 infatti si era sancita l’indennizzabilità del danno biologico da parte dell’INAIL stessa.
Nel dirimere la questione il Tribunale ha sottolineato però
[…] la necessità di una tutela integrale, sul piano risarcitorio, del diritto alla salute tutelato dall’articolo 32 della Costituzione, cosicché non sarebbe costituzionalmente legittimo l’articolo 10 del D.P.R. 1124, qualora dovesse essere interpretato nel senso di limitare il ristoro del danneggiato all’indennizzo INAIL, con esclusione di altri eventuali danni civilisticamente rilevanti.
Su queste basi il Tribunale aveva stabilito, per il caso dell’elettricista, il calcolo di un danno biologico civilistico. Ad esso andava poi detratto l’importo della rendita INAIL riconosciuta agli eredi.
Per quanto riguarda il danno morale il Tribunale di Taranto inoltre ha chiarito come anch’esso attenga al risarcimento del danno non patrimoniale.
La quantificazione del danno non patrimoniale è stata stimata secondo il calcolo delle Tabelle del Tribunale di Milano, al cui importo però il Tribunale ha applicato una decurtazione del 50%, in via equitativa, in considerazione dell’età del deceduto e del lasso temporale intercorso fra le lesioni e il decesso.
Infine, il Tribunale aveva condannato il Ministero al pagamento di circa 424.000 € gli eredi dell’elettricista adibito alla manutenzione delle navi della Marina Militare.
L’importanza delle prove presuntive nell’accertamento del danno
In merito all’accertamento del danno, il Tribunale di Taranto, con la sentenza n. 3422 del 2016, ha notato come di particolare rilievo possano risultare anche le cosiddette prove presuntive.
Queste infatti risultano fondamentali per l’individuazione delle responsabilità nel caso di malattie, quali il mesotelioma pleurico, a lunga latenza. Tali malattie infatti possono manifestarsi anche a distanza di oltre 40 anni dall’esposizione.
Il nesso causale dunque sarebbe ‘verificabile’ anche solo a livello probabilistico. Ciò in considerazione dell’alta incidenza di ammalati causata da esposizioni professionali per mancate tutele preventive all’inalazione di fibre di amianto sul luogo di lavoro.
Richiamando alcune sentenze della Suprema Corte di Cassazione si afferma infatti nella sentenza che:
le presunzioni valgono invero a sostanzialmente facilitare l’assolvimento dell’onere della prova da parte di chi ne è onerato, trasferendo sulla controparte l’onere della prova contraria (v. Cass. 12/06/2006, n. 13546).
E ancora:
[…] la presunzione solleva la parte che ex articolo 2697 c.c. sarebbe onerata di provare il fatto previsto, che, come posto in rilievo in dottrina, deve considerarsi provato ove provato il “fatto base” (v. Cass. 12/06/2006, n. 13546).
Concludendo che
[…] ben possono le presunzioni assurgere anche ad unica fonte di convincimento del Giudice (v. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972).
Crediti: foto di jarmolouk su pixabay.com. Modificata (ritagliata). Concessa e ridistribuita con licenza CC0 Creative Commons. L’immagine non si riferisce ai contenuti dell’articolo, ma è una generica rappresentazione del lavoro dell’elettricista.
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