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La Cassazione, con ordinanza civile, sezione lavoro, n. 30526, pubblicata in data 28 ottobre 2021, ha accolto il ricorso presentato dagli eredi di un lavoratore ex dipendente ATAC SPA. – Azienda per la mobilità di Roma Capitale e di CO.TRA.L. SPA per il risarcimento del danno biologico da adenocarcinoma polmonare per esposizione ad amianto sul luogo di lavoro.
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 4225/2017, aveva rigettato la richiesta di risarcimento iure hereditatis dei familiari del lavoratore deceduto a causa della patologia tumorale riformando la sentenza di primo grado di condanna di ATAC ad un risarcimento di oltre 450.000 euro.

Il diniego della Corte d’Appello era basato sulla disposta rinnovazione della consulenza medico-legale (CTU), che, contrariamente alla prima, aveva escluso la certezza della diagnosi di adenocarcinoma polmonare.
Per la perizia medico legale sarebbero infatti mancati indizi clinici, strumentali o di laboratorio che potessero attestare una esposizione all’amianto del lavoratore. Inoltre, all’epoca del decesso, il lavoratore era affetto da varie patologie concomitanti, che non avrebbero consentito di stabilire l’effettiva causa della morte in mancanza dell’esame necroscopico.
Il ricorso degli eredi del lavoratore deceduto a causa di un adenocarcinoma polmonare
Gli eredi del lavoratore deceduto per adenocarcinoma polmonare per supposta esposizione all’amianto avevano presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma adducendo tre motivazioni:
- Nullità della sentenza
per motivazione perplessa, incomprensibile, contraddittoria o inesistente, tale comunque da non renderne comprensibile il percorso argomentativo logico-giuridico, basato sul richiamo della relazione di CTU
che aveva contraddetto la consulenza di primo grado che aveva optato su base altamente probabilistica per una esposizione di marcata entità del lavoratore all’amianto e per il nesso eziologico fra esposizione e patologia tumorale (art. 132 del Codice di Procedura Civile). - Mancato rispetto del principio di equivalenza causale e del criterio civilistico del “più probabile che non” nell’accertamento del nesso eziologico fra esposizione ad asbesto sul luogo di lavoro e l’adenocarcinoma insorto nel lavoratore, considerate le risultanze istruttorie e le conclusioni della prima CTU (violazione e falsa applicazione degli articoli 40, 41 c.p., in collegamento con gli articoli. 2087, 1223 c.c.).
- Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ovvero le circostanze di fatto relative all’esposizione del lavoratore ad agenti morbigeni nel corso della sua attività dal1955 al 1992.
La Cassazione accoglie le motivazioni del ricorso e cassa la sentenza impugnata dagli eredi del lavoratore deceduto a causa di un adenocarcinoma polmonare
La Cassazione ha accolto il ricorso dei familiari del lavoratore ATAC e COTRAL deceduto a causa di un adenocarcinoma del polmone. In particolare la Corte ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso, che ha assorbito gli altri due.
La suprema corte sottolinea infatti come in tema di contenuto della sentenza, la concisione della motivazione non possa prescindere dall’esistenza di una pur succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione impugnata
.
Il vizio di nullità per omessa motivazione esiste dunque qualora non sia possibile individuare il percorso argomentativo che abbia condotto ad una certa valutazione; valutazione che la Cassazione non riscontra nel giudizio di secondo grado della Corte d’Appello di Roma che non avrebbe motivato l’adesione alle conclusioni della seconda CTU, piuttosto che a quella di primo grado, che aveva invece condannato il datore di lavoro al risarcimento del danno.
La consulenza tecnica d’ufficio: adesione di merito e motivazione
Se infatti non necessita di ulteriore argomentazione l’adesione di merito ad una CTU poiché l’accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce [di per sé] adeguata motivazione
:
diversa è invece l’ipotesi in cui alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate, sia dai consulenti di parte che dai difensori: in tal caso il giudice del merito, per non incorrere nel vizio stabilito dall’art. 360, primo comma n. 5 c.p.c., è tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all’una o all’altra conclusione.
La Corte dunque, per la Cassazione, non avrebbe adeguatamente esposto il percorso argomentativo, che a fronte di una prima consulenza tecnica che aveva optato per una esposizione di marcata entità alla sostanza cancerogena del lavoratore
ed un riconoscimento di “alta probabilità” del “rapporto causale tra esposizione ad asbesto e neoplasia”
, aveva invece dato credito ad una seconda consulenza che metteva addirittura in dubbio l’avvenuta esposizione all’amianto e la patologia che avrebbe causato il decesso.
Per questo motivo la sentenza viene cassata e rinviata alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.
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Crediti immagine: foto di Pavel Danilyuk da Pexels. Modificata (ritagliata e ridimensionata). Immagine di repertorio.
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