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La Cassazione, con Ordinanza Civile, Sezione Lavoro, n. 38659, pubblicata in data 6 dicembre 2021, ha accolto il ricorso della coniuge di un ex lavoratore dell’Italsider di Cornigliano, esposto ad amianto e deceduto di adenocarcinoma polmonare, che chiedeva il riconoscimento della rendita INAIL.

L’uomo aveva operato nello stabilimento al 1964 al 1992, prima come dipendente di una cooperativa poi dell’ILVA, con mansioni di operatore di magazzino refrattari e ricevitore materiali.
La Corte d’Appello di Genova nega il riconoscimento della rendita per malattia professionale
In secondo grado la Corte d’Appello di Genova, confermando la sentenza di primo grado, aveva rigettato la richiesta della moglie del lavoratore sulla base di due motivazioni:
- non era stata raggiunta la probabilità qualificata richiesta nel caso di patologia multifattoriale per la dimostrazione del nesso causale fra esposizione ad amianto, quantificata al 29% dalla CTU, e neoplasia contratta;
- il tabagismo del lavoratore rappresentava
una condizione esterna idonea ad abbassare la soglia dell’esposizione ritenuta significativa ai fini dell’esistenza del nesso causale
.
Il ricorso della coniuge del lavoratore ex Italsider esposto ad amianto e deceduto di adenocarcinoma polmonare per il riconoscimento della rendita INAIL
Contro la decisone della Corte d’Appello di Genova era ricorsa in Cassazione la coniuge del lavoratore deceduto a causa di un adenocarcinoma polmonare adducendo tre motivazioni:
- erroneità dell’affermazione che la malattia contratta dal lavoratore
non rientra fra le malattie tabellate per le quali sussiste la presunzione in merito alla sussistenza del nesso causale con l’attività lavorativa svolta
; - erroneità della sentenza per violazione del principio dell’equivalenza delle condizioni in quanto, accertata l’abitudine del lavoratore al fumo, ha escluso la rilevanza dell’esposizione ad asbesto nell’insorgenza della malattia (art. 41 codice penale);
violazione dei criteri legali che disciplinano l’accertamento del nesso causale
sia per la relazione esistente fra esposizione ad amianto ed asbestosi sia per la quantificazione dell’esposizione cumulativa risultata inferiore rispetto al valore considerato significativo nell’ambito dei criteri di Helsinky.
La Cassazione accetta il ricorso e cassa la sentenza. Le motivazioni
La Cassazione, nell’ordinanza, accoglie le motivazioni presentate dai legali della coniuge del lavoratore dell’Italsider deceduto di adenocarcinoma polmonare.
Quanto alla patologia, spiega l’ordinanza, l’adenocarcinoma polmonare è presente nelle tabelle INAIL dei tumori professionali in lista I (patologie ad elevata probabilità di origine professionale).
Per esse si applica il principio di presunzione legale dell’origine professionale. Ciò significa che, per queste neoplasie, spetta all’ente assicuratore (in questo caso INAIL) la dimostrazione dell’inesistenza del nesso causale con l’attività lavorativa ovvero dell’esistenza di una causa esterna che abbia provocato la malattia, oppure l’accertamento che la lavorazione non si è rivelata sufficientemente idonea a cagionar[la]
.
Nel caso di patologia ad origine multi-fattoriale però, continua la suprema Corte, la presunzione legale subisce una attenuazione nel senso che la prova del nesso causale non può basarsi su presunzioni semplici, ma è data per raggiunta sol quando la parte interessata al riconoscimento della tutela abbia concretamente e specificamente offerto la dimostrazione, quanto meno in via di probabilità, della idoneità della esposizione al rischio a causare l’evento morboso
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Tuttavia diverso è il caso in cui la malattia ad eziologia multi-fattoriale includa una neoplasia che, secondo la scienza medica, ha o può avere origine professionale.
[…] in tal caso si determina una qual reviviscenza della presunzione legale quanto all’origine professionale della patologia, sicché, l’assenza del nesso causale della cui rilevanza probatoria è gravato l’ente assicuratore, resta ulteriormente circoscritto alla prova che la patologia tumorale, per la sua rapida evoluzione, non è ricollegabile all’esposizione alla sostanza morbigena, perché questa cessata da lungo tempo.
La Cassazione nel merito della prima motivazione di ricorso: il criterio della presunzione legale dell’origine professionale dell’evento morbigeno
Quanto all’analisi di merito del caso specifico e delle motivazioni di ricorso la Cassazione, conseguentemente ai principi esposti, nell’accogliere la prima motivazione del ricorso della coniuge del lavoratore, rileva che:
nel provvedimento […], non si ritrova nessun riferimento al raggiungimento in giudizio della prova, gravante sull’I.N.A.I.L., del collegamento del tumore polmonare a un fattore patogeno (precedenti patologie, abitudine al fumo…) diverso dalla prolungata esposizione all’amianto
;- l’esito probatorio della durata temporale (ventennale) dell’esposizione viene riferito solo con un astratto richiamo alla dose/soglia di attenzione fissata sia dai criteri di Helsinky che dall’ordinamento italiano (art. 24 del decreto legislativo n. 277 del 1991).
E conclude:
[…] nel caso di morte del lavoratore per tumore, il criterio della presunzione legale della natura professionale dell’evento morbigeno, che […] subisce un “temperamento” sul piano probatorio solo nelle patologie a causa multifattoriale, in tal caso rivive, quanto meno nel senso che sarà l’ente assicuratore onerato ad offrire […] la prova che la patologia, per la sua rapida evoluzione, non è eziologicamente ricollegabile alla sostanza nociva, in quanto l’esposizione ad essa è cessata da lungo tempo.
La Cassazione accoglie anche il secondo motivo di ricorso: il principio di equivalenza delle condizioni
L’Ordinanza della Cassazione ribadisce il principio secondo il quale, in materia d’infortuni sul lavoro e malattie professionali, nello stabilire il nesso causale tra l’evento e il danno, trova applicazione il principio di equivalenza delle condizioni (art. 41 del codice penale).
Secondo questo principio ha efficienza causale ogni fattore che possa aver contribuito, anche in maniera indiretta e remota, al danno.
Il nesso eziologico con tali fattori d’altra parte può essere escluso solo allorché possa essere individuato con certezza l’intervento di un agente causale estraneo all’attività lavorativa di per sé sufficiente a produrre il danno e tale da far degradare altre evenienze a semplici occasioni
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Nel caso in esame la Corte territoriale, sulla scorta della CTU, aveva aderito alle generiche considerazioni della stessa che rilevava come l’esposizione all’amianto possa avere un effetto sinergico al tabagismo nel causare il tumore del polmone solo allorché vi sia stata una esposizione consistente, ovvero quando il valore supera il livello soglia medio di 25 fibre/ml – anni, cosa non riscontrata, secondo la consulenza, per il lavoratore deceduto.
Ma per la Cassazione, è mancata, in sentenza, una puntuale valutazione se il tabagismo del lavoratore dell’ex Italsider sia stata causa sufficiente a causarne la patologia:
[…] quanto contenuto in sentenza conferma che, in definitiva, la Corte territoriale ha escluso la sussistenza del collegamento causale tra esposizione all’amianto e malattia tumorale senza, peraltro, aver valutato se l’intervento del fattore estraneo all’attività lavorativa (abitudine al fumo) avesse potuto da solo causare la malattia, sì da far concludere che la prolungata esposizione all’amianto aveva costituito una semplice occasione e non invece la causa determinante del tumore polmonare.
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