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Autorità Portuale di Venezia: la Cassazione sul risarcimento del carcinoma polmonare di un ex lavoratore

La Cassazione, con ordinanza n. 13887 della Terza Sezione Civile, pubblicata in data 6 luglio 2020, ha confermato il risarcimento del danno da perdita parentale per i familiari dell’ex lavoratore dell’Autorità Portuale di Venezia (ora Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale) ammalatosi e deceduto a causa di un carcinoma polmonare contratto per esposizione ad amianto sul luogo di lavoro.

L’ordinanza verte sul ricorso presentato dall’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale avverso alla sentenza n. 809/2018 della corte d’Appello di Venezia.

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I fatti relativi al caso della morte per carcinoma polmonare del lavoratore dell’Autorità Portuale di Venezia esposto ad amianto

Nel 2012 i familiari del lavoratore deceduto nel 2001 per carcinoma polmonare (la moglie e i tre figli) chiamavano in causa l’Autorità Portuale di Venezia ai fini del risarcimento del danno da perdita parentale.

Il tribunale di primo grado aveva riconosciuto il danno stabilendo che l’Autorità Portuale fosse responsabile dell’esposizione ad amianto del deceduto nella misura del 30%.

In conseguenza di ciò il giudice aveva deciso un risarcimento di 67.000 euro per la congiunta del lavoratore e 30.000 euro per ciascuno dei figli. Al contempo negava fosse intervenuta la prescrizione del reato.

Il termine decennale applicabile per omicidio colposo veniva infatti fatto decorrere dal 21 aprile 2005. Si trattava della data in cui gli attori avevano proposto ricorso avanti al giudice del lavoro per ottenere – iure hereditatis – il risarcimento del danno sofferto dal congiunto.

Il giudizio della Corte d’Appello di Venezia

I familiari del lavoratore erano ricorsi in appello chiedendo un innalzamento della somma di risarcimento: ricorso parzialmente accolto.

D’altro canto la Corte respingeva il ricorso incidentale presentato dai legali dell’Autorità Portuale in merito al termine di prescrizione decennale ribadendo che esso

«va fatto decorrere da quando gli eredi […] hanno avuto una ragionevole consapevolezza della possibile dipendenza del decesso del loro congiunto all’esposizione al rischio di contrarre il carcinoma polmonare per l’attività lavorativa svolta nel Porto di Venezia, termine che va fatto coincidere con la data di presentazione del ricorso al giudice del lavoro da parte del loro legale (21.4.2005)», cosicché l’azione promossa nel 2012 risultava tempestiva.

Il ricorso in Cassazione dell’Autorità Portuale di Venezia

L’Autorità Portuale ha però presentato ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a tre motivi:

  • L’omesso esame dell’eccezione di improcedibilità dell’appello principale per non essersi gli appellanti costituiti entro il termine di 10 giorni dal perfezionamento della notifica nei confronti dell’appellata.
  • La mancata iscrizione a ruolo nel termine di dieci giorni da parte appellanti principali che avevano notificato l’atto di impugnazione della sentenza di primo grado in data 25.11.2015.
  • L’intervenuta prescrizione del reato, dato che il lavoratore era deceduto nel 2001 e l’atto di citazione da parte dei familiari era stato presentato solo nel dicembre 2012. L’Autorità Portuale si contrapponeva così alla sentenza della corte che aveva posticipato il dies a quo prescrizionale dal momento del decesso del lavoratore portuale (2001) alla data della proposizione del ricorso avanti al Giudice del Lavoro (2005). A questo riguardo i legali dell’Autorità Portuale rilevavano come i familiari del lavoratore non potessero non avere, già da prima del 200,5 consapevolezza del nesso causale fra esposizione ad asbesto sul luogo di lavoro e carcinoma polmonare. Ciò in virtù del fatto che da un lato erano già da prima titolari di rendita INAIL, riconoscimento che accertava l’origine professionale della malattia del lavoratore, dall’altro, che anche a far data dal decesso del lavoratore, sarebbe stata nota a livello scientifico ed in numerosi testi normativi la correlazione fra la patologia e l’esposizione ad amianto.

La decisione delle Corte di Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13887, ha dichiarato inammissibili il primo e il terzo motivo di ricorso; ha accolto invece il secondo, stante l’improcedibilità dell’appello principale.

  • Omesso esame dell’eccezione di improcedibilità dell’appello principale. Per la Corte il motivo è inammissibile alla luce del principio secondo cui «il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale […] non è suscettibile di dar luogo al vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito […]».
  • Mancata iscrizione a ruolo nel termine di dieci giorni da parte degli appellanti principali. Il motivo risulta fondato, atteso che «l’art. 347, comma primo, cod. proc. civ., nello stabilire che la costituzione in appello avviene secondo le forme ed i termini per i procedimenti davanti al tribunale, rende applicabili al giudizio d’appello le previsioni di cui agli artt. 165 e 166 cod. proc. civ., ma non quella di cui all’art. 171 cod. proc. civ. (concernente la ritardata costituzione delle parti), la quale è incompatibile con la previsione di improcedibilità dell’appello, se l’appellante non si costituisca nei termini, di cui all’art. 348 cod. proc. civ.. Ne consegue che il giudizio di gravame sarà improcedibile in tutti i casi di ritardata o mancata costituzione dell’appellante, a nulla rilevando che l’appellato si sia costituito nel termine assegnatogli».
  • Intervenuta prescrizione del reato. Riguardo al terzo motivo di ricorso i giudici di Cassazione hanno ritenuto corretta la decisione della corte di Appello. Questa infatti aveva fatto decorrere il termine di prescrizione dal momento della ragionevole consapevolezza da parte dei familiari del rischio lavorativo e dell’origine professionale della malattia. Sottolinea inoltre la Corte come tale giudizio appartenga ad una valutazione di merito e non di procedura e dunque incensurabile in sede di legittimità. Fa notare inoltre come la questione della rendita INAIL non fosse stata trattata e fatta valere nel contesto dei precedenti giudizi.

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Crediti immagine: foto di Mariordo (Mario Roberto Durán Ortiz), concessa con licenza CC BY-SA. Modificata (ritagliata). Utilizzabile con la stessa licenza.

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